venerdì 10 dicembre 2010

Psicologi d’Italia sveglia! Ancora una volta ci siamo fatti fregare.

Vabbè che sono una psicologa del lavoro disoccupata ma non sono ancora del tutto convinta che sia arrivato il tempo di cercare un posto da commessa invece che esercitare la professione (anche se manca davvero poco).
Voglio pertanto discutere con voi, specie con chi come me è ancora in cerca di lavoro, di come ancora una volta la figura dello psicologo viene svalutata ed esclusa dal mercato del lavoro a favore delle solite e consolidate professioni (medici, avvocati, ecc…).
La valutazione dello stress lavoro-correlato doveva essere un nuovo campo applicativo per la nostra professione e poteva essere l’occasione per promuovere una cultura organizzativa più attenta alle risorse umane e allo stesso tempo, si disponeva dei mezzi per incoraggiare l’impiego dello psicologo come una vera e propria risorsa per l’azienda.
Ma ancora una volta lecchiamoci le ferite perché la commissione consultiva è uscita con una circolare ministeriale che ammazza completamente la valutazione soggettiva nel più ampio contesto della valutazione del rischio stress, ignorando l’Accordo europeo del 2004 in materia di rischi psicosociali.
Cosa comporta? Vediamo: la commissione indica che per prima cosa l’azienda deve effettuare una valutazione preliminare (giustissimo!) che tenga conto di indicatori aziendali quali ad esempio assenteismo, turn over, segnalazioni del medico competente, oltre all’utilizzo di apposite check list da fare compilare alle figure della prevenzione (es: RSPP) e a qualche dirigente. Terminata questa fase, l’azienda è tenuta a redigere il Documento di Valutazione dei Rischi ed intervenire celermente sulle eventuali criticità (mi sorge qualche dubbio…) poi, SOLO nel caso in cui le misure correttive non danno i risultati sperati, SOLO ALLORA si procederà con una valutazione approfondita e soggettiva (questionari, interviste, focus group). In questa ultima fase si potrà richiedere l’intervento di professionalità con competenze specifiche, ATTENZIONE non viene nemmeno menzionato lo psicologo. Si può dedurre che vista la tematica, sia il professionista più indicato ma, da alcune ricerche su aziende che hanno già effettuato la valutazione dello stress, si è visto che c’è anche chi si è rivolto a ingegneri o medici per la consulenza.

Ma insomma, care/i Signore/i dell’Ordine degli Psicologi, perché non vi date una mossa?
A ragion del vero, devo ammettere di non essere nemmeno iscritta ma è un CIRCOLO VIZIOSO: perchè dovrei iscrivermi (pagando la relativa quota) senza avere un lavoro?
E pure avendo un lavoro, cosa ci guadagno ad iscrivermi se il nostro Ordine è un organismo di così poco valore politico che non sa (o non vuole) imporsi sulle istituzioni per ottenere ciò che è un nostro diritto come psicologi?

Poi visto quanto scritto sopra, vorrei tanto rivolgere una domanda a questi “esperti” della commissione consultiva.
Il quesito che mi viene in mente è questo: come fa l’azienda ad intervenire se non sa su cosa intervenire?!
Perché nel caso non vi fosse venuto in mente, l’assenteismo, il turn over, le segnalazioni del medico competente NON SONO cause di stress lavoro correlato, ma al massimo (e non sempre) possono esserne una conseguenza.
Per giunta le check list che possono sembrare strumenti molto affidabili e rassicuranti, possono essere più soggettive ed inaffidabili (soprattutto se gestite da persone inesperte) di un questionario.

Sembra, ma mi posso sbagliare, che questa analisi preliminare “oggettiva” sia un comodo escamotage per evitare una reale ed attendibile valutazione dello stress lavoro-correlato così, con semplici e pratiche mosse, il datore di lavoro può far risultare un livello di rischio molto basso e quindi non dover intervenire mai, il che significa anche non spendere mai un euro sulla sicurezza ed il benessere dei propri dipendenti.

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